Tecniche di Nostradamus

mercoledì 24 settembre 2014

Graal: storia e mito (17)

Siamo adesso pronti per una lettura alternativa della storia di San Lorenzo. Tuttavia, per giustificare un tentativo che può sembrare azzardato, è prima necessario ricordare come, in passato, la trasmissione di certi elementi iniziatici venisse spesso affidata alla memoria collettiva attraverso la creazione di una leggenda o, comunque, di una narrazione ingannevole per le masse, ma accessibile a coloro che nel tempo sarebbero stati capaci di comprendere.
Un tale tipo di scelta permetteva di ovviare al rischio di oblio al quale è sempre stata esposta una tradizione o una conoscenza ristretta a una limitata cerchia di persone. In queste circostanze, le masse popolari venivano inconsapevolmente utilizzate come una sorta di registratore perpetuo, in grado di garantire la sopravvivenza di tradizioni che trovavano la loro origine assai indietro nel tempo.
Da rilevare che il folklore narrativo popolare ha di volta in volta assunto le forme più impensabili e irriconoscibili che, però, conservavano sempre gli elementi costitutivi della storia originale, in modo da renderli immuni alle alterazioni del tempo. L’abbiamo visto con i romanzi sul Graal e con la storia biblica di Mosè; potrei ricordare le “profezie dei Papi” di Malachia, nelle quali Arnoldo Wion trasmette la sua dottrina eretica, e le più ben note “profezie di Nostradamus”, veicolo di messaggi occulti che tutto sono tranne che profezie; potrei accodarmi senza esitazioni a quanti vedono la descrizione di un percorso iniziatico nella Divina Commedia.
Preferisco però stupire qualcuno, citando le narrazioni popolari più improbabili, quali le favole, che non sempre sono dei semplici ed innocenti racconti. Per dimostarlo con un esempio, e districandomi nell’imbarazzo della scelta, faccio ricorso ad “Alì Baba e i quaranta ladroni”.

Un solo attimo di riflessione permette di capire che il tesoro di Alì altro non è che una versione volgarizzata del Graal di Perceval. L’invocazione “apriti/chiuditi sesamo” costituisce la parola perduta che dà accesso allo stato di grazia. La caverna[1] è il simbolo del luogo nel quale viene sepolto l’uomo vecchio e dal quale risorge l’uomo nuovo, che nel buio dell’antro trasforma il suo stesso essere (percorso interiore); la caverna, in altri termini, è  sepolcro dell’uomo materiale e, allo stesso  tempo, ventre ed utero materno per la gestazione e la nascita dell’uomo spirituale. Alì, povero taglialegna che diventa uomo ricco, è dunque allegoria dell’uomo spiritualmente povero che conquista sapienza e conoscenza. Non manca la pietra/roccia, allegoria di Dio (cfr. nota 3 del post precedente), che ostruisce l’accesso al “tesoro” a chi non conosce la parola perduta. Il numero dei ladroni ripercorre con aperta evidenza la tradizione del mistico quaranta. Agrippa, uno degli ispiratori del “codice Nostradamus” (cfr. quartine VI,4 e VI,91), scrive nella “Filosofia occulta” che “quaranta” è sinonimo di espiazione,  di penitenza e di misteri, perché Dio, al tempo del diluvio, ha fatto piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; i figli d’Israele hanno abitato il deserto per quaranta anni; la distruzione di Ninive è stata differita di quaranta giorni; Mosè, Elia e Cristo hanno digiunato per quaranta giorni.

In ogni dettaglio, lo schema della favola è quello ricorrente: il messaggio originale  subisce una rielaborazione che ne banalizza il contenuto, senza tuttavia comprometterne la leggibilità; viene quindi divulgato secondo modalità che assicurino la più ampia penetrazione popolare e la persistenza nel tempo.

Del tutto simile sembra essere il caso della leggenda del martirio di San Lorenzo, a meno che non si vogliano ignorare sia l’interpretazione dell’artista del mosaico che la ricchezza dei simboli di cui sono intessute le vicende e la figura del Santo.

…segue…




1 Per un’ampia trattazione del simbolismo della caverna, cfr. R. Guénon “I simboli della scienza sacra”.

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