Tecniche di Nostradamus

venerdì 4 gennaio 2013

Ancora su Perceval

La storia di Boron è bellissima e ricca di simbolismi e allusioni difficili da cogliere. La narrazione però, come ho giù avuto modo di dire, è eccessivamente fantasiosa e a volte banale e noiosa. E’ tutto un trucco, come tante opere allegoriche, per distogliere l’attenzione del lettore dal nucleo principale.
Al di là del significato iniziatico della leggenda, non è difficile capire come Nostradamus, nel riservare per sé il ruolo di Merlino, assegni il ruolo di Perceval a Cesare, suo interprete designato.
Costui dovrà primeggiare sugli altri interpreti (i cavalieri di re Artù) e, dopo infinita ricerca, trovare la chiave delle Centurie (la lancia di Longino e il vaso del Graal). Ma questo non sarà sufficiente fino a quando, ponendosi le giuste domande, non penetrerà il fine ultimo delle stesse Centurie (il significato del Graal): un significato dalla doppia valenza, quindi, che non si limita ad una assimilazione solo allegorica del segreto delle Centurie a quello del Graal ma, in effetti, consiste proprio nel segreto del Graal.
Questo è il contenuto esoterico della quartina II,79 dalla quale siamo partiti e alla quale dovremo tornare.


Praticamente potrei chiudere la trattazione con poche parole di spiegazione di questi versi. Tutto il retroscena, mettendo insieme il mio libro su “Cabala, Templari e Graal”, le informazioni di questo blog e  la leggenda di Robert de Boron, dovrebbe apparire chiaro. Tuttavia, avendo scelto la strada delle ampie spiegazioni, credo che, per mantenere alto (lo spero) il livello della narrazione, debba essere spesa qualche parola in più su due protagonisti della leggenda: Giuseppe di Arimatea e Longino.
Torniamo quindi ai Vangeli per verificarne la coerenza  con la storia di Boron.

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