Tecniche di Nostradamus

martedì 3 luglio 2012

Nostradamus e la "particella di Dio"


Come anticipato, trascrivo un capitolo del mio nuovo libro "Nostradamus: la Cabala, i Templari, il Graal". E' ovvio che, trattandosi di estrapolazione di un singolo capitolo, sono presenti dei termini che sono spiegati altrove nel libro, così come sono presenti affermazioni che trovano altrove la loro dimostrazione. Non mi sembra, comunque, che la comprensione globale ne venga pregiudicata.
Il testo è particolarmente attuale in questi giorni per via della scoperta dell'esistenza della "particella di Dio" da parte del Cern.

I NUMERI 137 E 138

Abbiamo già accennato al ruolo che la quartina VI,100, “Legis Cantio”, riveste all’interno delle Centurie: similmente al sesto Sephira, Tiphareth, anch’essa svolge un’attività di mediazione nella duplice natura di quartina ermetica e di faro nel processo di decifrazione.
Scopriremo adesso che il suo profondo significato cabalistico è testimoniato in maniera straordinaria anche dalle lettere che la compongono.
Prima di affrontare l’argomento, vediamo questa quartina nella sua stesura originale, tratta dall’edizione Antoine du Rosne (Lyon) del 1557:

Quos legent hosce versus maturè consunto,
Profanum vulgus, & inscium ne attrestato:
Omnesq Astrologi Blenni, Barbari procul sunto,
Qui aliter facit, is rite, sacér esto.

Anche se la questione è irrilevante ai fini del nostro studio, bisogna rendere onore alla verità, attribuendo la paternità dei versi a Pietro Baldi del Riccio, umanista vissuto a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Nostradamus li ha ripresi quasi integralmente, modificando solo qualche parola, per adattarla alle sue esigenze crittografiche.

Conosciamo già le caratteristiche principali della quartina: essa ha un titolo, anziché un numero d’ordine, ed è scritta in latino. Quest’ultimo aspetto richiama immediatamente l’attenzione sulla particolarità delle frasi in latino dell’epistola a Cesare e di quella a Enrico II: la differenziazione dei caratteri tra le frasi stesse e il resto del testo.
Anche la Legis Cantio, come si vede, assume questa doppia rappresentazione, per indicare che le due parti devono essere trattate separatamente.

Il titolo, scritto a caratteri normali, è composto da 32 lettere; l’allusione ai 32 sentieri dell’Albero della Vita (i 10 Sephiroth e le 22 lettere alfabetiche) è evidente. Lo è di meno, invece, la differenziazione tra le 11 lettere maiuscole (“LEGIS CANTIO”) e le 21 lettere minuscole (“contra ineptos criticos”).
Dalla colonna del valore ridotto della tabella di Gematriah, rileviamo che i numeri 11 (2) e 21 (3) equivalgono, rispettivamente, alle lettere “M” e “N”: Nostradamus insiste con le rielaborazioni cabalistiche, riconducendo il titolo della quartina alle sue iniziali. Non si pensi che si tratti di giochetti inutili o di gesti di vanità; in realtà, con queste insistenze, egli intende richiamare l’attenzione dell’interprete sulla necessità di una lettura cabalistica dei versi veri e propri.
E’ con essi, infatti, che compie il suo capolavoro. Le lettere che li compongono sono 137, un numero che richiederebbe una trattazione separata, se dovesse essere analizzato nella sua complessità.
Sinteticamente, si può osservare che 137 è il numero gematrico della parola “Qabalah”[1]:

 = hei (5), lamed (30), beit (2), qof (100)[2]

5 + 30 + 2 + 100 = 137

Ancora una volta, quindi, Nostradamus conferma le basi cabalistiche del suo lavoro e, ancora una volta, si scopre che gli insuccessi delle ricerche plurisecolari sono da imputare essenzialmente all’incapacità di comprendere i principi fondamentali che hanno ispirato l’attività di codifica.

Eppure, la “Legis Cantio” non esaurisce qui la sua funzione. Nell’edizione Pierre Rigaud del 1566, essa cambia qualche dettaglio. Quello che ci interessa di più è l’aggiunta della consonante finale “s” alla parola Blenni, così da portare a 138 il numero delle lettere totali dei quattro versi.



Quos legent hosce versus maturè consunto,
Profanum vulgus & inscium ne attrectato,
Omnesq Astrologi Blennis, Barbari procul sunto,
Qui aliter facit, is ritè, sacer esto.

Non è certamente un caso se, nell’epistola a Enrico II, Nostradamus scrive:

Et icelle cité d’Achem sera environnée & assaillie de toute parts…

E quella città di Achem sarà circondata e assalita da ogni parte…

Appunto, la città di “Achem”, le cui prime lettere assumono il valore gematrico di 1-3-8 (le 138 lettere dei versi), che simboleggia una quartina particolare come la Legis Cantio, collocata al seicentesimo posto, nel bel mezzo (“circondata”) delle altre quartine “normali”.

Avendo paragonato la “Legis Cantio” a Tiphareth, mediatore tra i piani della forza e i piani della forma, il Dio manifesto, il Figlio di Kether, non ci stupiremo se il 138 rafforza il legame, essendo questo il numero cabalistico, nella tabella ebraica della Gematriah, dei vari appellativi con cui è stato designato il Messia:


- Germoglio:  = chet (8), mem (40), tsadi (90)
-     - Consolatore: = mem finale (40), chet (8), nun (50), mem (40)
-     - Figlio di Dio: = mem finale (40), yod (10), hei (5), lamed (30), aleph (1), nun finale (50), beit (2)

La lettura cabalistica ci spiega finalmente, dopo secoli di oscurità, che la “Legis Cantio”, lungi dall’essere l’invettiva che sembra, si rivela fulcro di tutte le Centurie; elemento di separazione tra le quartine che ricostruiscono la chiave di decifrazione e quelle che contengono il vero messaggio di Nostradamus;  fattore di mediazione, alla stregua di Tiphareth, tra il mondo delle idee (struttura organizzativa delle quartine) e il mondo della forma (messaggio segreto).

Ma c’è ancora  un significato più profondo che, attraverso il numero 137, accomuna Tiphareth e la “Legis Cantio” e che, attraverso il numero 138, getta su Nostradamus un alone di mistero enormemente più grande di quanto abbia finora goduto la sua figura di “profeta”.

Il numero 137 riveste un ruolo basilare nella fisica quantistica. Lo scienziato statunitense Leon Lederman, premio Nobel per la fisica nel 1988, nel libro “La particella di Dio” (Mondadori – 1996), riserva ad esso una grande attenzione.
Il fisico tedesco Werner Heisenberg, premio Nobel per la fisica nel 1932, considerato uno dei fondatori della meccanica quantistica, affermò una volta che tutti i problemi di questa scienza  sarebbero stati risolti non appena si fosse spiegato il significato di questo numero. Fino a oggi, nessuno ci è riuscito.
Ma cosa rappresenta il 137? Evitiamo, per evidenti ragioni, di addentrarci in considerazioni scientifiche e limitiamoci ad alcuni assunti di carattere generale che, eventualmente, possono essere approfonditi in testi adeguati.
L’universo è governato da alcune costanti. Una di queste è la “costante di struttura fine”, l’inverso del numero 137 (1/137), che rappresenta la probabilità che un elettrone possa emettere o assorbire un fotone. Se questa costante fosse anche di poco superiore o inferiore al suo valore, l'Universo, così come lo conosciamo, non potrebbe esistere. In termini semplici, e per quanto ci riguarda, la costante in questione definisce il legame che c’è tra l’energia e la materia. Stiamo parlando, come si sarà capito, della tanto discussa “particella di Dio”, la cui esistenza, se provata, spiegherebbe l’origine della massa.
Quindi, da un lato l’energia e dall’altro la materia; in mezzo, il numero 137, mediatore dell’atto creativo.
Esattamente come il Tiphareth della Cabala (Qabalah: valore gematrico 137), che separa i Sephiroth superiori della forza da quelli inferiori della materia; l’equivalente del Cristo della religione cristiana, partecipe della natura divina e di quella umana, “per mezzo del quale tutte le cose sono state create”, come recita la preghiera del “Credo”.
Esattamente come la “Legis Cantio”, di 137 lettere, che separa le quartine organizzative, quelle del mondo delle idee, dalle quartine della forma, che contengono il messaggio.

Costante di struttura fine, particella di Dio.
Particella: in ebraico= qof (100), lamed (30), chet (8). La somma dei tre numeri, rilevati dalla tabella ebraica della Gematriah, è 138, pari al numero delle lettere della “Legis Cantio”, nella edizione del 1566.

Se un indizio può essere una coincidenza, due indizi sono quasi una prova. E cos’è, allora, una serie di indizi? Viene spontaneo domandarsi se si può parlare ancora di coincidenze oppure se, come molti credono, la Cabala contenga un antico insegnamento scientifico andato perduto.

E Nostradamus? Conosceva il vero significato del numero 137, a parte l’equivalenza gematrica con la “Qabalah”? Ha voluto davvero richiamare l’attenzione sulla parola “particella”, attraverso il numero 138?  Legando alla Cabala la sua (falsa) data di nascita, l’inizio della sua vita, ha voluto semplicemente nascondere la chiave di lettura delle Centurie oppure ha voluto simbolicamente sottolineare il legame esistente tra la Cabala e l’origine dell’universo?
Se si accettasse una risposta affermativa a queste domande, allora bisognerebbe chiedersi chi sia stato realmente quest’uomo. Un uomo della cui nascita e della cui morte non c’è traccia nei documenti anagrafici della città in cui si presume sia nato e di quella nella quale, si dice, sia deceduto. Un uomo che non è nato il 14 dicembre 1503, come ha voluto far credere, e che non è morto il 2 luglio 1566, come riportano le cronache. Un uomo le cui iniziali, “M” e “N”, corrispondono rispettivamente ai valori gematrici ridotti “2” e “3”, che, letti all’inverso secondo lo stile ebraico, danno “32”, il numero dei sentieri dell’Albero della Vita.

A proposito! Le coppie di cromosomi del DNA umano, alla base della vita, sono esattamente 23, come il valore gematrico di “M.N.”; di queste, 22 (tante quante sono sia le lettere dell’alfabeto ebraico con cui Dio ha creato il mondo che le lettere che compongono le frasi in latino di Nostradamus) costituiscono le coppie di base (autosomi)  e una (eterosoma) è costituita dagli speciali cromosomi X (femminile) e Y (maschile), preposti alla procreazione.
Qualcuno ritiene che l’uomo sia stato creato androgino (con 22 coppie di cromosomi) e che solo successivamente abbia ricevuto una differenziazione sessuale, con l’aggiunta dei cromosomi X e Y.  La stessa Bibbia, in Genesi (1,27), dice che “Dio lo creò maschio e femmina”. E’ a questo che Nostradamus si riferisce nella quartina II,45?

Trop le ciel pleure l’Androgyn procrée,
Pres de ce ciel sang humain respandu,
Par mort trop tarde grand peuple recrée,
Tard & tost vient le secours attendu.

Troppo il cielo piange l’Androgino procreato,
Vicino a questo cielo sangue umano sparso,
Per morte troppo tardi gran popolo ricreato,
Tardi e presto verrà l’atteso aiuto.

Origine dell’universo e particella di Dio, sul piano macrocosmico; origine della vita umana e DNA, sul piano microcosmico. Forse non è una semplice casualità se le tracce lasciate da Nostradamus conducono a questi misteri, tenuto anche conto che la fonte di ispirazione è costituita, con la massima coerenza, dal Sepher Yetzirah, chiamato anche “Libro della creazione”. Così come non è una coincidenza che la creazione del primo uomo, l’origine dell’umanità, venga collocata da Nostradamus nel 4758 a.C.: un anno che scaturisce da una trasformazione cabalistica  della parola “Graal".


[1] Uno dei diversi modi di scrivere la parola “Cabala”.
[2] Da leggere procedendo verso sinistra.

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